L’ambito delle spese militari in Italia è storicamente stato uno dei più opachi e meno dibattuti in seno alla politica o alla società civile. Per decenni le decisioni riguardanti l’investimento nelle Forze Armate (sia in termini di personale che di acquisizione nuovi armamenti) sono state prese “a porte chiuse” e senza raggiungere standard minimi di controllo da parte del Parlamento, dei media o dell’opinione pubblica come invece avveniva — in maniera più o meno approfondita — in altri Paesi. Grazie alla nascita ed allo sviluppo di diverse campagne di natura pacifista e disarmista, unitamente ad una maggiore attenzione generale sulle questioni di spesa pubblica per via della recente crisi economico-finanziaria e a un robusto ricambio nella compagine parlamentare, gli ultimi anni hanno registrato una decisa inversione di tendenza. I giornali e le televisioni si sono occupati in diverse occasioni, anche se in maniera spesso frammentaria, dei fondi dedicati a nuove armi o alle missioni militari; le Commissioni Difesa di Camera e Senato hanno intensificato la propria attività di controllo sia in termini quantitativi che qualitativi, anche con un’indagine parlamentare apposita, aumentando le sessioni di analisi e decisione sulle proposte governative e anche la produzione/approvazione di nuove iniziative legislative.

Ci è parso quindi opportuno, nell’ambito del primo Rapporto MIL€X sulle spese militari italiane, aprire una finestra sulle iniziative legislative e parlamentari più recenti e rilevanti, votate o quantomeno discusse negli ultimi anni. Abbiamo deciso di farlo chiedendo dei contributi ai parlamentari direttamente coinvolti in tali iniziative, così come abbiamo chiesto a tutti i deputati e senatori componenti delle Commissioni Difesa di inviarci considerazioni e valutazioni su alcune questioni specifiche. Di seguito la richiesta ad essi inviata a fine 2016:

Tra gli obiettivi del nostro lavoro c’è quello di stimolare un più ampio e articolato dibattito politico e pubblico su questi temi, e per questo abbiamo deciso di prevedere nel rapporto in uscita una sezione riguardante questioni attualmente dibattute anche in Parlamento, cercando anche di ospitare brevi contributi di commento, analisi e riflessione da parte vostra. In particolare ci vorremmo occupare di:

  • Criticità e prospettive della procedura legislativa relativa ai programmi di ammodernamento dei sistemi d’arma: dal “Lodo Scanu” (art. 4, Legge 244/12) che ha attribuito al Parlamento maggior potere di controllo in materia, all’innovazione della “Legge sessennale per gli investimenti” introdotta dal Libro Bianco, fino alle proposta di legge “Bolognesi” sull’istituzione di una autorità di vigilanza ad hoc sul procurement militare.
  • I reali effetti della nuova legge quadro sulle missioni militari internazionali sul potere di controllo del Parlamento in materia: garanzia di una migliore, più attenta e puntuale procedura autorizzativa, o strumento di marginalizzazione decisionale del Parlamento a favore dell’Esecutivo?
  • Impatto ambientale, sanitario ed economico delle servitù militari sul territorio nazionale, con particolare riferimento alla Regione Sardegna che ospita da sola il 61 per cento delle servitù militari italiane per un totale di 35 mila ettari. Quali prospettive di miglioramento per i territori più gravati? Quali opportunità grazie alla virtualizzazione e digitalizzazione delle esercitazioni militari?

Pubblichiamo dunque in questa sezione i contributi pervenutici nei tempi utili all’inserimento nel Rapporto Mil€x 2017. Eventuali ulteriori scritti ed interventi verranno inseriti in un’apposita sezione del nostro sito.

 

IL “LODO SCANU”

A cura dell’On. Gian Piero Scanu (198)

Quello che i giornalisti hanno ribattezzato “Lodo Scanu” è in realtà un articolo di legge, inserito con un emendamento a mia prima firma come relatore del provvedimento: l’articolo 4 della legge 244 del 31 dicembre 2012 intitolata “Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia” (199). Questo articolo definisce un preciso procedimento autorizzativo per le spese militari destinate ai sistemi d’arma, con il dichiarato obiettivo di mettere ordine in un particolare settore della spesa pubblica che oscilla, negli ultimi anni, intorno ai 5 miliardi di euro all’anno. La nuova normativa, entrata a far parte del Testo unico dell’ordinamento militare, riconosce al Parlamento un ruolo decisionale che, per norme e prassi vigenti, da più di trenta anni gli era stato negato.

Investimenti per decine di miliardi, con impegni di spesa pluriennali, venivano in precedenza comunicati al Parlamento corredati da semplici note descrittive per essere oggetto di un parere obbligatorio ma niente affatto vincolante. È del tutto evidente quanto fosse difficile, stante questa situazione, il controllo parlamentare sulle spese per i sistemi d’arma. Le variazioni di spesa in corso d’opera potevano addirittura non essere evidenziate in quanto comprese nelle spese discrezionali cui far fronte con le risorse assegnate al bilancio del Ministero della Difesa. Delle risorse assegnate ad altri Ministeri, soprattutto quelle che annualmente sono investite nei sistemi d’arma dal Ministero dello Sviluppo Economico, era tutt’altro che facile trovare traccia nel bilancio della Difesa.

Dal gennaio del 2013 non è più così. Entro il 30 aprile di ciascun anno il ministro della Difesa presenta al Parlamento un bilancio consolidato con le previsioni di spesa triennali per ciascun sistema d’arma, comprese quelle di ricerca o sviluppo e quelle finanziate dal MISE. Si tratta del “Documento Programmatico Pluriennale” che offre finalmente un quadro completo della spesa militare. Nello stesso documento debbono essere indicate le condizioni contrattuali, con particolare riguardo alle clausole relative alle penali. Può sembrare del tutto normale ma non è così: basti pensare che per quasi due anni, durante la lunga discussione in Parlamento sul controverso programma degli F-35, era opinione diffusa che ridimensionare il programma avrebbe comportato pesantissime penali per il nostro paese. Penali che non esistevano affatto.

I nuovi programmi relativi ai sistemi d’arma sono trasmessi al parere delle Commissioni competenti. Il Parlamento li esamina avendo a disposizione molti più dati di quanti ne disponeva in passato. Se esprime un parere contrario, o nell’approvarli pone delle condizioni, il Governo può ripresentare gli schemi dei decreti con le proprie controdeduzioni. Ed è a questo punto, che in mancanza di un accordo, il parere delle Commissioni diventa vincolante. Infatti, recita l’articolo: “Qualora le Commissioni esprimano parere contrario a maggioranza assoluta dei componenti il programma non può essere adottato”.

Semplice e chiaro: su questioni così rilevanti, non solo dal punto di vista finanziario, l’ultima parola spetta al Parlamento. E’ del tutto evidente il valore, che in un sistema democratico, assume una normativa che riporta nelle mani del Parlamento decisioni che rischiano di rimanere confinate nel circuito molto ristretto del cosiddetto complesso militare-industriale.

La legge 244/2012, su cui si trovò un consenso molto ampio, era intesa a riequilibrare i tre grandi fattori della spesa militare (personale, investimenti ed esercizio) sulla base di un rapporto percentuale 50, 25, 25. Negli ultimi tre anni il bilancio consolidato per la Funzione Difesa (cioè Ministero Difesa più MISE) è risultato mediamente suddiviso secondo un rapporto percentuale 62 (personale), 30 (investimenti), 8 (esercizio), quindi ben lontano dal virtuoso 50-25-25.

Considerato che la spesa per l’esercizio è ormai da anni la cenerentola della spesa militare, è del tutto evidente che si debbano mettere sotto controllo quella per il personale e quella per gli armamenti. Risulta quindi evidente il significato politico che assume l’inserimento dell’articolo 4 nella legge 244/2012: una legge che affida al Governo la riorganizzazione del nostro strumento militare, mettendo nelle mani del Parlamento la decisione ultima sulle spese per gli armamenti, un concreto potere decisionale che ha suscitato non poco fastidio.

 

UN “GAO” ITALIANO

A cura dell’On. Paolo Bolognesi (200)

Controllo, trasparenza, risparmio. Questi i punti cardine della proposta di legge di vigilanza sulle compensazioni e l’acquisto dei sistemi d’arma che ho presentato nel dicembre 2013. Co-firmata da 44 deputati PD e sostenuta da oltre 30.000 cittadini che hanno aderito alla petizione lanciata su Change.org, introduce nuove regole in un comparto strategico come quello della Difesa, ancora obsoleto, poco chiaro e dispendioso.

Un provvedimento ispirato dall’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma, compiuta dalla commissione Difesa in questa legislatura, che ha evidenziato l’assenza di un controllo effettivo sugli investimenti. Ho ritenuto, quindi, necessario proporre nuove norme per cambiare un sistema gestito con parametri antiquati che accresce notevolmente il bilancio dell’Amministrazione della Difesa e trascina il Paese e le risorse pubbliche in programmi di acquisto di armamenti dai tempi biblici e dai costi che lievitano, senza un’adeguata verifica dell’effettiva necessità e una preventiva, dettagliata conoscenza dell’entità dell’impegno economico e dei tempi di realizzazione previsti. Un’iniziativa che colma questa lacuna rafforzando il controllo del Parlamento previsto dalla legge numero 244 del 2012.

Infatti, si prevede che alle commissioni parlamentari competenti, siano trasmessi tutti gli schemi di contratto d’acquisto dando loro la facoltà di bloccarli se non effettivamente necessari o se dovessero aumentare costi e tempi rispetto a quelli originariamente concordati. Hanno, inoltre, il potere di decidere, mediante l’espressione di un parere vincolante, se la Difesa debba acquistare un sistema d’arma o se debba essere sospeso o revocato laddove i costi sono cresciuti oltre il limite di spesa previsto inizialmente.

Spesso gli oneri, infatti, lievitano senza essere sottoposti al controllo di un organismo indipendente che svolga le necessarie verifiche ed è in questa zona legislativamente “grigia” che interviene il lobbismo, pronto ad attivarsi per difendere gli interessi di industrie e militari. Un’opacità molto costosa per i cittadini che la proposta di legge elimina, istituendo un’Authority per la vigilanza sull’acquisizione dei sistemi d’arma e sulle compensazioni industriali con il compito di verificare la correttezza, la trasparenza e l’ economicità delle procedure, vagliando conti e contratti.

L’Authority proposta sarebbe dotata di autonomia organizzativa, funzionale, finanziaria è presieduta da un magistrato della Corte dei conti e composta da quattro professionisti esperti in economia aziendale, appalti pubblici, contrattualistica internazionale e tecnologie informatiche nominati dai presidenti di Camera e Senato.

Prima di approvare i contratti  per l’acquisto o l’ammodernamento dei sistemi d’arma, il Consiglio dei ministri deve avere il preventivo e obbligatorio parere dell’Authority che controlla tutte le fasi di acquisizione, vigilando sulla regolarità delle procedure, l’efficienza dell’esecuzione e la corretta determinazione e applicazione delle compensazioni. Se accerta delle irregolarità, trasmette i propri atti e rilievi al Governo e alle Camere e se constata un danno per il pubblico erario, invia il caso alla procura generale della Corte dei Conti.

Per la prima volta in Italia, ispirandoci al Nunn-McCurdy Act statunitense (201), si stabilisce un limite – fissato nella misura del 25 per cento – all’aumento dei costi originariamente stabiliti e autorizzati. Se si supera tale soglia, il ministro della Difesa deve informare l’Authority che dovrà valutare la correttezza o meno della richiesta. Parere che sarà trasmesso alle Commissioni competenti che potranno decidere di sospendere l’acquisto, provvedimento oggi non possibile.

In sostanza, l’obiettivo di questa legge è quello di razionalizzare gli investimenti in programmi che spesso durano decenni senza controlli su stipula di contratti ed oneri. Sono certo che questo cambiamento normativo avrebbe concreti effetti positivi in termini di risparmio e trasparenza. Due princìpi avversati da chi vuole continuare a gestire in modo opaco commesse ultra-miliardarie, blindate da industrie, militari e lobbisti.

Tanto che l’iter per l’approvazione della mia proposta di legge è stato bloccato, fermandosi alla Commissione Difesa della Camera che dall’ottobre 2015 non ha più ripreso l’esame del testo né calendarizzato le audizioni. Continueremo a impegnarci perché si approvi definitivamente, ma ciò che questa resistenza prova è l’oggettiva necessità di introdurre un maggiore controllo e vigilanza sugli investimenti del settore Difesa che non può continuare ad essere immune dalla tutela democratica del bene comune.

 

PORTE GIREVOLI

A cura dell’On. Carlo Galli (202)

Esiste un progetto di legge di mia iniziativa (203) il cui titolo è “Modifiche al codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di limiti di assunzione di incarichi presso imprese operanti nel settore della difesa da parte di ufficiali delle Forze armate che cessano dal servizio e di dirigenti civili del Ministero della difesa”. Questo progetto di legge è stato approvato all’unanimità in sede referente dalla commissione Difesa della Camera il passato all’opposizione un paio di mesi dopo l’assegnazione della legge al Senato e, ancora all’unanimità, in sede legislativa dalla commissione Difesa della Camera  il 4 marzo 2015. In entrambi i casi il relatore è stato l’on. Giorgio Zanin (PD). Assegnato al Senato, in commissione Difesa, l’11 settembre 2015 (204), da allora non è mai stato calendarizzato né discusso.

Si tratta, formalmente, di una modifica del codice militare che interviene su un particolare conflitto d’interessi, differito nel tempo, consistente nel fatto che ufficiali e dirigenti civili, impegnati durante il servizio in attività di procurement militare, possono di fatto transitare, una volta in congedo, alle dipendenze delle medesime imprese del comparto Difesa alle quali fino a poco prima hanno commissionato ordinativi. È evidente che ciò può nuocere alla correttezza dell’amministrazione, istituendo un legame troppo stretto fra Difesa e imprese. Sono le cosiddette “revolving doors” (porte girevoli): l’interessato esce da una porta, cioè l’amministrazione della Difesa, per entrare nell’altra, cioè l’impresa che produce per la Difesa, un fenomeno che in vari modi è oggetto di attenzione e correzione negli ordinamenti di alcuni Paesi occidentali (non in tutti).

Indagini conoscitive della Commissione Difesa, svolte durante la XVI e la XVII legislatura, avevano auspicato un intervento legislativo sulla materia,  anche ai fini di attestare e consolidare l’affidabilità del comparto nazionale della Difesa in sede europea. La “legge Galli” ha quindi previsto — sotto il controllo e le sanzioni dell’Autorità garante della concorrenza — un periodo di mora di tre anni tra l’abbandono del servizio e l’assunzione di incarichi ufficiali presso le imprese della Difesa.

La unanimità dei consensi delle forze politiche, e il via libera dallo stesso governo che ha consentito l’assegnazione alla sede legislativa in commissione (circostanze entrambe non consuete per un provvedimento presentato da un deputato alla sua prima legislatura) testimoniano dell’equilibrio della norma, che non si presenta come punitiva e che anzi si pone l’obiettivo di affermare l’indipendenza e l’autonomia delle forze armate. Il dirottamento della legge su un binario morto, al Senato, dimostra il venir meno non tanto dell’urgenza del problema, né delle condizioni soggettive del proponente (205), quanto di un’aliquota della capacità del Parlamento di intervenire nelle questioni della Difesa.

Questo “insabbiamento” può infatti essere visto come una semplice “pigrizia” del Senato, ma è più verosimile che il governo e le forze politiche (probabilmente anche una parte di quelle di opposizione) nutrissero qualche segreta riserva quando apertamente davano il via libera alla legge, alla Camera, e si ripromettessero di bloccarla al Senato. Questo per la crescente tendenza dell’esecutivo (particolarmente dell’ambito militare) ad autonomizzarsi di fatto dal potere legislativo o a vederlo come un socio di minoranza nella gestione del potere. Del resto, le Camere vedono restringere il proprio peso politico anche a livello normativo: ad esempio, la legge sulle missioni militari all’estero accresce il ruolo del presidente del Consiglio affidandogli i decreti di copertura finanziaria. Un trend politico al quale si può, forse, porre rimedio solo attraverso un nuovo protagonismo del Parlamento, del quale non si scorgono però le avvisaglie.

 

CYBER DIFESA

A cura dell’On. Massimo Artini (206)

Sul fondamentale tema della cyber difesa ad oggi non c’è una chiara linea di indirizzo da parte del Governo, anche se ritengo che in una materia così ampia e complessa il Parlamento debba avere la propria autonomia nella definizione delle regole — così come accadde per la legge sui servizi (124/2007).

Sarebbe necessario, già prima dell’attuazione della direttiva europea NIS sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (207), dare vita ad un’agenzia autonoma, al di fuori dei servizi, che sia sotto la responsabilità di un autorità politica (un sottosegretario alla cyber sicurezza nella presidenza del consiglio) e che svolga un ruolo di interfaccia con la parte politica (che dovrebbe avere la responsabilità di coordinamento e, con l’agenzia, di pianificazione strategica) e con la parte operativa, che dovrebbe raggruppare i polverizzati CERT (CERT Difesa, CERT IT, CERT PA, CNAIPIC – non propriamente un CERT – ecc.) al fine di rendere più efficaci le forze di risposta. Nella situazione attuale i 150 milioni (pochi per la verità, ne servirebbero almeno 500 all’anno) sono dispersi in troppi canali senza una reale efficacia.

Un tema da non dimenticare in questo ambito — anche per dare una funzione effettiva al Comando interforze per le operazioni cibernetiche (CIOC), al momento in fase di costruzione e in attesa di finanziamenti — è la parte di deterrenza e di contromisure: un tema dai più ignorato, ma in questo ultimo periodo ripreso anche nell’ultima audizione dal Capo di stato maggiore della Difesa, che ha parlato di impieghi operativi. Sarebbe necessario normare questa materia con una legge di rango primario e non con un decreto governativo, così da definire eventuali reati e sanzioni (cosa impossibile con un regolamento), e predisporre fondi ad hoc cui possano attingere sia da l’amministrazione pubblica che le imprese private.

Aggiungo alcune brevi considerazioni sulle procedure controllo parlamentare sulla spese militari. La legge sessenale introdotta dal Libro Bianco della Difesa appare come uno strumento più efficace rispetto alla procedura tradizionale perché permette di conoscere nell’arco di sei anni quali saranno le prospettive del procurement e quindi, paradossalmente, di ridurre i costi (evitando lo “stretching” dei programmi che comporta solo costi occulti per l’amministrazione).

In merito all’istituzione dell’autorità di vigilanza (legge Bolognesi, ndr) credo che possa essere un buon passaggio intermedio nel percorso che dovrebbe portare alla riforma della Corte dei Conti sul modello del GAO statunitense che agisce come organo di controllo preventivo di qualità e di spesa.

 

SERVITÙ MILITARI

A cura del Sen. Roberto Cotti (208)

Tra i pilastri dell’articolata struttura industrial-militare italiana, un ruolo strategico è rappresentato dal sistema dei poligoni militari. Tredici, diffusi su tutto il territorio nazionale, i maggiori si trovano in Sardegna (Salto di Quirra, Teulada e Capo Frasca). Quali problemi abbiamo con questi poligoni?

1) Da decenni sono utilizzati sia per esercitazioni delle nostre forze armate e sia come aree per FF.AA. straniere e aziende produttrici di armi, dove è possibile testare esplosivi, bombe, missili, armi di ogni tipo. Quello di Quirra è stato anche adibito a “discarica” di esplosivi e armi dismesse: venivano “smaltite” con esplosioni, in una zona esposta a venti dispettosi che trasportavano le polveri verso il centro abitato di Escalaplano, paese dove alla fine degli anni ’80 si verificò un numero abnorme di aborti spontanei e di nascite di bambini malformati (nell’arco di 2 anni il fenomeno ha riguardato il 26% dei parti). Solo dopo l’uscita, nel 2010, di un dossier dei veterinari delle Asl di Cagliari e Lanusei, che documentarono un abnorme numero di agnelli nati con malformazioni e diversi casi di patologie tumorali nell’uomo, venne aperta l’inchiesta dalla Procura di Lanusei, per omicidio plurimo, disastro ambientale, falso, omesso controllo, trasporto e detenzione illegale di armi, che ha portato al processo attualmente in corso (sono imputati gli ultimi 8 comandanti del poligono). Recenti orientamenti scientifici dicono che a provocare le patologie tumorali possono essere le esplosioni ad alte temperatura, capaci di volatilizzare sostanze metalliche, polverizzandole in nano-particelle capaci di penetrare nel nostro sistema respiratorio e linfatico. Se tra le sostanze maggiormente indiziate vi è l’uranio impoverito, è anche vero che nel poligono si è fatto uso di missili Milan, contenenti torio radioattivo. A Quirra, 10 dei 18 allevatori che operavano nella zona, cioè il 65 per cento, sono morti per patologie tumorali, ma quando si è trattato di fare indagini epidemiologiche sulla popolazione si sono individuate aree troppo estese, finendo per diluire le patologie concentrate nella prossimità delle attività a fuoco in aree molto più vaste.

2) Accanto ai problemi sanitari vi sono naturalmente quelli di tipo ambientale. Dietro la rassicurante immagine da depliant della penisola di Cala Zafferano, nel poligono di Teulada, da tempo sentiamo ripetersi una pericolosa tiritera che descrive i poligoni come zone incontaminate, salvate dalla speculazione edilizia. Oltre le immagini fuorvianti, va osservato che quel pezzo di paradiso viene sistematicamente bombardato da ordigni di ogni genere, che esplodendo devastano il territorio. E quando non esplodono penetrano fino a 6 metri, scomparendo nel sottosuolo, oramai imbottito di bombe, come l’area marina circostante;

3) Teulada, un tempo, era un paese a forte economia agricola e grandi potenzialità turistiche. Il suo sviluppo è stato troncato dalla nascita del poligono, con annesso esproprio di terre ai contadini. Oggi è uno dei pochissimi comuni costieri della Sardegna ad aver perso sensibilmente abitanti. Insomma, Teulada è al contempo un comune inquinato e che paga le conseguenze più gravi sotto il profilo economico rispetto alle sue potenzialità. E’ evidente che dove ci sono estesi poligoni il reddito e l’occupazione siano drammaticamente al di sotto della media rispetto ad altre aree abitate del paese;

4) Per concludere c’è una questione non da poco, connessa alle attività dei nostri poligoni militari. Lo chiamo “problema etico”. I nostri poligoni sono messi a disposizione anche di forze armate straniere. Sono tante le esercitazioni congiunte che si basano per lo più su scenari di intervento militare lontano dai nostri confini, in paesi immaginari ma in realtà non tanto. Ricordo nel 2006 una esercitazione militare ufficialmente di “peacekeeping” a cui parteciparono anche le forze armate di Israele. Pochi giorni dopo le forze armate israeliane misero a frutto la loro “sperimentazione” sul campo attaccando il Libano, in quell’offensiva da cui ha poi avuto origine la missione internazionale che da oltre 10 anni vede impegnata anche l’Italia. In linea con la nostra Costituzione che all’articolo 11 sancisce il ripudio per la guerra, dovrebbe allo stesso modo indignarci un uso del nostro territorio per prepararle, le guerre, come nell’esempio succitato.

 

EVITARE SPESE INUTILI

A cura dell’On. Luca Frusone (209)

La prima criticità da cui deve partire ogni considerazione è che il bilancio della Difesa che non comprende miliardi di investimenti in sistemi d’arma che si trovano sotto altri Ministeri. Questo dato falsa l’applicazione della Legge 244/12 distorcendo completamente il rapporto 50/25/25 tra personale, esercizio ed investimenti in armamenti, consentendo quindi a questi ultimi di arrivare anche oltre il 30 per cento. Senza una stesura veritiera del bilancio purtroppo non si può fare molto. Ci sono spiragli di luce come la legge Bolognesi, ma molto deve essere ancora fatto, a partire dalla stesura di un “vero” Libro Bianco che consenta di conoscere le reali esigenze militari del Paese per evitare spese inutili.

In merito alla nuova legge-quadro sulle missioni, così com’è stata modificata e approvata, è diventata uno strumento utile al Governo per velocizzare l’iter diminuendo il tempo di dibattito parlamentare sul tema. Fortunatamente le informazioni previste dalla legge consentono una maggiore trasparenza ma il tutto rischia di essere una questione per addetti ai lavori dibattuta nel buio di una commissione lontana dalle orecchie dei cittadini. Vedremo nei prossimi anni i frutti della sua concreta applicazione: spero che non sia stata una buona idea finita male.

Riguardo all’impatto delle servitù militari che da sempre gravano su alcune aree del Paese condannate a pagare a caro prezzo scelte scellerate. La virtualizzazione delle esercitazioni apre nuovi scenari interessantissimi per evitare danni ambientali e avere una riduzione dei costi. Questo, a mio avviso, potrebbe essere un campo dove puntare molto per il futuro, insieme al campo dell’addestramento tradizionale, soprattutto se l’Italia deciderà, come mi auguro, di non investire più in costosissimi programmi d’arma utili solo a qualche superpotenza, ma invece di specializzarsi nel settore della formazione del personale esportando un know how di buone pratiche e qualità del fattore umano.

 

SCARSA INFORMAZIONE

A cura del Sen. Lorenzo Battista (210)

Il  lavoro iniziato a partire dal cosiddetto “Lodo Scanu” è ambizioso e radicale: razionalizzare i costi di un comparto così ampio e articolato com’è la difesa è un processo lungo e certosino. Partendo dal presupposto che le informazioni strategiche sui sistemi di difesa non posso essere sempre condivisibili in toto per ragioni di sicurezza, si assiste a qualche forma eccessiva di “trattenimento” delle informazioni sui costi, sugli offset militari e sui trasferimenti di tecnologia. Ben venga la creazione di una autorità ad hoc sul procurement militare e all’introduzione di nuove forme di verifica preventiva ed ex post delle spese militari.

Sulla nuova legge-quadro per le missioni, il mio giudizio è positivo, perché mette finalmente ordine in molti aspetti della vita dei militari coinvolti nelle missioni. Inoltre, nella mia personale visione il Governo è di fatto quello che tiene i rapporti con gli organismi internazionali e l’Unione Europea, per questo non trovo incoerente una sua primazia nelle decisioni in materia di missioni internazionali.

Il tema dell’impatto territoriale delle servitù militari è davvero molto delicato e richiederebbe maggiore elasticità da parte delle gerarchie militari, una seria disciplina in materia di protezione di civili e militari dagli effetti dell’inquinamento bellico e ingenti risorse pubbliche da impegnare in bonifiche.

 

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NOTE

198 http://www.camera.it/leg17/29?shadow_deputato=38700&idpersona=38700&idlegislatura=17
199 http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2012-12-31;244
200 http://www.camera.it/leg17/29?shadow_deputato=305917&idpersona=305917&idlegislatura=17
201 https://fas.org/sgp/crs/natsec/R41293.pdf
202 http://www.camera.it/leg17/29?shadow_deputato=305706&idLegislatura=17
203 http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0023990.pdf
204 http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/45359.htm
205 L’On. Carlo Galli è passato all’opposizione, Sinistra Italiana-SEL, due mesi dopo l’assegnazione della legge al Senato.
206 http://www.camera.it/leg17/29?shadow_deputato=306092&idpersona=306092&idlegislatura=17
207 Direttiva adottata dal Parlamento europeo il 6 luglio 2016 (http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32016L1148&from=EN) che ogni Stato europeo deve recepire nei propri ordinamenti e rendere operativa entro la fine del 2018.
208 http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Attsen/00029074.htm
209 http://www.camera.it/leg17/29?shadow_deputato=305748&idLegislatura=17
210 http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Attsen/00029042.htm