Testo dall’articolo sul sito di Avvenire (nell’immagine la versione cartacea)

 

Difesa. Cresce la spesa militare italiana: nuove armi e costi per il nucleare

Luca Liverani giovedì 1 febbraio 2018
Rapporto MIL€X 2018: 25 miliardi, 1,4% del Pil, più 4% rispetto al 2017. Colpa dei programmi di riarmo: nuova portaerei , F35 da 150 milioni, 766 autoblindo. «Ecco la prova che Ghedi ospita atomiche»

La base aeronautica italiana di Ghedi (Bs): missile a testata nucleare B-61, installabile sul Tornado (dalla pagina Facebook non ufficiale del Sesto Stormo Ghedi "Diavoli Rossi")

La base aeronautica italiana di Ghedi (Bs): missile a testata nucleare B-61, installabile sul Tornado (dalla pagina Facebook non ufficiale del Sesto Stormo Ghedi “Diavoli Rossi”)

L’Italia è l’11° paese nel mondo per spese militari, prima di paesi militaristi come Turchia (16°), Israele (17°), Iran (24°). Per le Forze armate spende l’1,4% del Pil, cioé più di paesi Nato come Germania, Spagna, Olanda (tutti all’1,2%) Canada (1%) e Belgio (0,9%). In termini assoluti si tratta di 25 miliardi di euro l’anno, qualcosa come 68 milioni al giorno. E la spesa per il comparto militare italiano con i governi Renzi e Gentiloni è cresciuta del 9%. Sono i dati che emergono dall’analisi del secondo Rapporto MIL€X 2018, presentato alla Camera da Francesco Vignarca (Rete Disarmo), Lisa Clark (Beati i costruttori di pace), Daniele Santi (Senzatomica), alla presenza di Daniel Högsta, coordinatore della campagna Ican per abolire le armi nucleari, premiata col Nobel per la pace 2017. Il rapporto pubblica anche un’immmagine scattata nella base dell’aeronautica militare italiana di Ghedi (Bs), che mostra un missile a testata nucleare B-61 davanti a un Tornado italiano. La prova fotografica della presenza di armi atomiche sul territorio italiano, a Ghedi come nella base Usa di Aviano, mai confermata ufficialmente.

Le Forze armate italiane possono dunque contare sui 21 miliardi del bilancio del ministero della Difesa (più 3,4% in un anno, più 8,2% dal 2015) cui vanno sommati il miliardo per il Fondo missioni all’estero dal ministero delle Finanze e i 3,5 miliardi del ministero per lo Sviluppo economico per l’acquisto di nuovi armamenti (di cui 427 milioni di costo dei mutui che lo Stato accende per finanziare le industrie belliche, più 5% in un anno, più 30% nell’ultima legislatura), armi per le quali nel 2018 verranno spesi 5,7 miliardi (più 7% nell’ultimo anno, più 88% nelle ultime tre legislature). A pesare, e tanto, sulle tasche dei contribuenti ci sono le 7 nuove fregate e la portaerei Thaon di Revel, presentate come “navi a doppio uso” per operazioni umanitarie, i 766 autoblindo Freccia (armati e per trasporto truppa) e Centauro (veri carriarmati su ruote), un numero sproporzionato alle esigenze operative (15-20 a missione) , per promuoverne le vendite all’estero. Oltre ovviamente ai 90 cacciabombardieri F35. E proprio al comparto militare il ministero per lo Sviluppo economico destina la gran parte del suo budget per tutte le imprese nazionali.

Dal Rapporto MIL€X 2018 emerge come è articolata la spesa per la Difesa: 60% per il personale (12,8 miliardi), 28% per armamenti (5,9 mld) e 12% per spese di esercizio (2,6 mld). L’eccessiva spesa per il personale è dovuta allo squilibrio tra gradi: abbiamo più comandanti (87 mila tra ufficiali e sottufficiali) che comandati (83 mila tra graduati e truppa). Ancora lontano l’obiettivo della riforma Di Paola: oggi abbiamo 171 mila militari, per il 52% ufficiali, quando dovrebbero essere 150 mila di cui solo il 39% ufficiali.

Ai discussi cacciabombardieri F35 – per Vignarca «l’aereo più costoso e difettoso della storia» – MIL€X 2018 dedica un approfondimento. Complessivamente l’acquisto dei 90 cacciabombardieri costerà 14 miliardi. «Del tutto inascoltata – ricorda Vignarca – la richiesta approvata dal Parlamento di dimezzare questa spesa». Il costo di ogni F35 è di circa 150 milioni l’uno, «come confermato stavolta ufficialmente dal governo statunitense, come rivela la richiesta al Congresso di autorizzare la vendita di 34 aerei F35 al Belgio, per un importo di 6,53 miliardi di dollari, pari cioè a oltre 150 milioni di euro ad aereo». Secondo Vignarca insomma «gli armamenti acquistati dalla Difesa italiana non rispondono a reali esigenze operative, ma agli interessi della lobby industriale militare, italiana e straniera».

Un altro approfondimento riguarda poi i costi della “servitù nucleare” legata alle spese di stoccaggio e sorveglianza delle testate atomiche tattiche americane B-61 (stimate in tutto tra 40 e 50) nelle due basi italiane di Ghedi e Aviano (23 milioni solo per l’aggiornamento delle apparecchiature di sorveglianza esterna e dei caveau contenti le venti B-61 all’interno degli undici hangar nucleari della base bresciana) e alle spese di stazionamento del personale militare Usa addetto e di “mantenimento in prontezza” di aerei e piloti italiani dedicati al nuclear strike, l’attacco nucleare.

Altri focus del Rapporto sono le spese italiane di supporto alle 59 basi Usa in Italia (520 milioni l’anno) e di contribuzione ai bilanci Nato (192 milioni l’anno), i costi nascosti (Mission need urgent requirements) delle missioni militari all’estero, il costo della base militare italiana a Gibuti (43 milioni l’anno), il “tesoretto” armato da 13 miliardi nascosto nel Fondo Investimenti voluto dal Governo Renzi (destinato anche ai nuovi droni armati della Piaggio Aerospace), lo “scivolo d’oro” dimenticato per gli alti ufficiali (condannato dalla Corte dei Conti).