A inizio febbraio il ministro della Difesa uscente Roberta Pinotti – ricandidata in Liguria – ha annunciato davanti agli operai del cantiere navale Fincantieri di Riva Trigoso una nuova commessa per altri due sommergibili U-212 del valore di un miliardo di euro.
Un annuncio sorprendente, dato che questa decisione non è mai stata sottoposta al parere del Parlamento, allo scuro della decisione della Marina Militare di acquistare altri due battelli sottomarini oltre ai quattro già autorizzati dalle Camere (la prima coppia nel 1995 e altri due nel 2008). Non risponde dunque al vero quanto dichiarato dalla Pinotti: “Il programma prevedeva sei sommergibili, quattro li abbiamo già consegnati, due li abbiamo deliberati nel bilancio 2018”. Nessuno ha mai deliberato l’acquisto della terza coppia. Il riferimento al bilancio 2018 indica solo il rifinanziamento da 36 miliardi del fondo investimenti quindicennale destinato alle opere pubbliche (rete ferroviaria, prevenzione antisismica, dissesto idrogeologico, edilizia scolastica e sanitaria, riqualificazione periferie, ecc.) di cui la Difesa aspira ad accaparrarsi almeno 7 miliardi, oltre ai 13 già incassati l’anno scorso (8 per nuovi armamenti). La ripartizione del fondo deve essere decretata dal presidente del consiglio Gentiloni prima delle elezioni. L’acquisto dei due nuovi sommergibili (in versione potenziata per missioni a lunghissimo raggio) prosegue l’ambizioso programma di rinnovamento della flotta da guerra italiana avviato nel 2014 con la Legge Navale (5,4 miliardi di commesse) con cui la Pinotti ha rilanciato il gruppo industriale pubblico, come ha ricordato con riconoscenza l’ad Giuseppe Bono: “Senza la Legge navale Fincantieri non avrebbe potuto quotarsi in Borsa. Voglio ringraziare il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, per la vicinanza che ci ha dimostrato e che speriamo possa continuare a garantirci anche in futuro”.
Pochi giorni fa il ministro uscente Pinotti ha sottoposto al dissolto Parlamento un decreto ministeriale per ottenere entro fine marzo il via libera delle commissioni competenti all’acquisto da parte dell’Aeronautica Militare di venti droni P2HH della Piaggio Aerospace per 766 milioni di euro, cifra che comprende dieci stazioni terrestri di comando oltre al sostegno logistico (qui il documento presentato dalla Difesa). Una commessa che consentirà all’azienda aeronautica di Villanova di Albenga (dal 2014 di proprietà degli Emirati Arabi) di evitare il fallimento (è in perdita di 247 milioni con debiti per 336 milioni) e il licenziamento di 1.300 dipendenti. L’operazione, da finanziare anche in questo caso con le risorse del già citato fondo investimenti, non risponde evidentemente a esigenze strategiche di difesa nazionale (l’Aeronautica possiede già 7 droni ricognitori Predator appena aggiornati e 6 droni armati Reaper) bensì a logiche di sostegno all’industria, anche in chiave di “prospettive di export” che, si legge nel decreto firmato Pinotti, sono “legate principalmente al ritorno di immagine conseguente all’impiego dei mezzi in attività dal forte impatto mediatico sia in territorio nazionale che all’estero”. Difficile distinguere tra campagna elettorale e campagna commerciale.