Articolo pubblicato su La Notizia il 27 marzo 2017

di Carmine Gazzanni

Tutto nasce da alcune risoluzione della Nato, a cominciare dalla numero 431 trasmessa al nostro Paese a metà dicembre. Nella missiva si legge chiaramente che, a causa anche del fatto che “altri attori internazionali, fra cui la Russia e la Cina, hanno investito massicciamente nella difesa durante l’ultimo decennio, mentre i Paesi occidentali sprofondavano in un grave marasma economico”, ora occorre “raddoppiare gli sforzi per destinare almeno il 2% del Pil (dei Paesi membri, ndr) alla Difesa”. Insomma, sempre più fondi per assicurare spese militari e presenza massiccia sui vari fronti internazionali. E non è un caso che nel 2017, secondo quanto calcolato da Milex, l’Osservatorio sulle spese militari di Francesco Vignarca ed Enrico Piovesana, “emerge un aumento dello stanziamento generale di circa il 7%”: 1,28 miliardi di euro contro gli 1,19 miliardi del 2016. Soldi destinati a finanziare l’impiego di 7.600 uomini, 1.300 mezzi terrestri, 54 mezzi aerei e 13 navali in decine di missioni attive in 22 Paesi, nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. Ma non è tutto. Perché un’altra risoluzione Nato, la numero 432, si esortano i Paesi membri a “impegnarsi ulteriormente per fornire un apporto consistente alla difesa dell’Alleanza”, proprio in considerazione delle crescenti spese militari di Russia e Cina.

Tutti al fronte – Ed ecco la ragione per cui, proprio in funzione anti-Putin, centinaia di nostri soldati saranno, per la prima volta, in teatri militari impensabili. A cominciare dalla fredda e gelida Islanda. Secondo la relazionne consegnata in Parlamento dalla ministra della Difesa, Roberta Pinotti, 145 nostri soldati sbarcheranno sull’isola e saranno impiegati sei caccia, per una spesa complessiva di tre milioni di euro. Nulla in confronto a quanto spenderemo in Bulgaria, dove andranno 110 nostri militari e 4 caccia per una spesa di 11,5 milioni, col compito di “preservare l’integrità dello spazio aereo dell’Alleanza”. Un obiettivo importante, non c’è dubbio. Tanto che la nostra presenza è richiesta, per le stesse esigenze, anche in Lettonia: 160 soldati e 50 mezzi terrestri per dimostrare, come si legge chiaramente nella relazione, “la capacità e la determinazione della Nato nel rispondere solidalmente alle minacce esterne lungo il confine orientale dell’Alleanza”. Il tutto per una spesa di 20 milioni di euro. Non male.

Nel Mediterraneo – Tanti, ovviamente, sono i teatri militari che ci vedranno protagonisti, a cominciare dai fronti aperti contro Daesh (innanzitutto in Libia). Ma ciò che stupisce è che se spuntano missioni anti-Putin, si registra una pesante flessione per tutte le missioni che ci tengono impegnati nel Mediterraneo, di soccorso ai migranti. Dalla “Mare Sicuro” alla “Sea Guardian” fino alla “EunavorMed”, passiamo nel complesso dai 185 milioni del 2016 ai 140 di quest’anno. Con relativo calo di equipaggiamento. Fa niente. Quando bisogna difendere i confini Nato, tutto è concesso.