Articolo pubblicato su Today il 10 ottobre 2017

DI VIOLETTO GORRASI

Ricordate la “guerra lampo contro il terrorismo” in Afghanistan annunciata da George W. Bush e avviata a poche settimane dall’attentato alle Torri Gemelle di New York? Il conflitto iniziato il 7 ottobre 2001 per abbattere il regime talebano, accusato di ospitare il quartier generale di Al Qaeda, è ancora in corso. E la missione – tutt’altro che fulminea – è ad oggi la più lunga e onerosa della storia italiana, secondo il rapporto “Afghanistan, sedici anni dopo” pubblicato dall’Osservatorio MIL€X sulle spese militari italiane, che traccia un bilancio di questa guerra “infinita” (qui il rapporto completo).

Secondo questo dossier, sedici anni di guerra in Afghanistan sono costati complessivamente a tutti i Paesi che vi hanno partecipato all’incirca 900 miliardi di dollari: circa 28mila dollari per ogni cittadino afgano, cifra enorme se confrontata al reddito annuo medio afgano di circa 600 dollari. Il costo sostenuto per gli Stati Uniti dal 2001 a oggi è di 827 miliardi di dollari (attualmente circa 45 miliardi l’anno) ma se si sommano i costi aggiuntivi – accuratamente stimati da analisti delle università americane Harvard e Brown – la cifra raddoppia.

Il costo sostenuto dall’Italia a partire dal novembre 2001 in tutte le missioni (Enduring Freedom fino al 2006, ISAF fino 2014, Resolute Support dal 2015) è di 6,3 miliardi di euro, cioè più di un milione di euro al giorno in media.

A questo costo – si legge nel dossier – “va aggiunto l’esborso di 360 milioni a sostegno delle forze armate afgane (120 milioni l’anno a partire dal 2015) e circa 900 milioni di spese aggiuntive relative al trasporto truppe, mezzi e materiali da e per l’Italia, alla costruzione di basi e altre infrastrutture militari in teatro, al supporto operativo della Task Force Air (Emirati, Qatar e Bahrein) e degli ufficiali di collegamento distaccati presso il Comando Centrale USA di Tampa, Florida, al supporto d’intelligence degli agenti AISE, della protezione attiva e passiva delle basi, al supporto sanitario del personale della Croce Rossa Italiana, alla protezione delle sedi diplomatiche nazionali e alle attività umanitarie militari strumentali (CIMIC, classificate all’estero, con più realismo, come Psy Ops, cioè guerra psicologica: aiuti in cambio di informazioni). Si arriva così a oltre 7,5 miliardi, a fronte di 260 milioni investiti in iniziative di cooperazione civile”.

Costi abnormi, dunque. E i progressi ottenuti “sul campo”? Pochini, dato che i talebani controllano quasi metà Paese. Una situazione complicata che ha spinto il presidente americano Donald Trump a riprendere i raid aerei e rispedire truppe combattenti al fronte. E intanto i nostri soldati – un migliaio di uomini, il secondo contingente dopo quello statunitense – sono tornati in prima linea a pianificare e coordinare le offensive dei soldati afgani nella zona ovest del Paese.

Spiega l’Osservatorio: ”A parte un lieve calo del tasso di analfabetismo (dal 68% del 2001 al 62% di oggi) e un modestissimo miglioramento della condizione femminile (limitato alle aree urbane maggiori), attribuibili al lavoro delle organizzazioni internazionali e delle ONG, non alla NATO), l’Afganistan ha ancora oggi il tasso più elevato al mondo di mortalità infantile (su mille nati, 113 decessi entro il primo anno di vita ), tra le più basse aspettative di vita del pianeta (51 anni, terzultimo prima di Ciad e Guinea Bissau ) ed è ancora uno dei Paesi più poveri del mondo (207° su 230 per ricchezza procapite)”.

Politicamente, il regime integralista islamico afgano (fondato sulla sharìa e guidato da ex signori della guerra dell’Alleanza del Nord espressione della minoranza tagica) è tra i più inefficienti e corrotti al mondo ed è lontanissimo dallo standard minimo di uno Stato di diritto democratico: censura, repressione del dissenso e tortura sono la norma’. Insomma, ”la cartina al tornasole dei ‘progressi’ portati dalla presenza occidentale in Afghanistan è il crescente numero di afgani che cerca rifugio all’estero: tra i richiedenti asilo in Europa negli ultimi anni, gli afgani sono i più numerosi dopo i siriani”, conclude il rapporto di MIL€X.

Per non parlare, poi, dei “costi umani”. La guerra in Afghanistan è costata la vita di 3.500 soldati occidentali (53 italiani) e di 140mila afgani tra combattenti e civili. Senza considerare i civili afgani morti a causa dell’emergenza umanitaria provocata dal conflitto: 360mila secondo i ricercatori americani della Brown University. Cui prodest?