Le ultime stime dello Stockholm International Peace Research Institute riportano l’ennesimo aumento delle spese militari globali. Si tratta di una crescita costante dal 2015 che riguarda tutti i continenti. Tuttavia, secondo i ricercatori del SIPRI, la crisi economica generata dalla pandemia del Covid-19 dovrebbe contribuire alla contrazione di queste spese.

Analisi tratta da IRIAD Review 3-4/2020 a cura di Stefano Adrianopoli

Secondo le nuove cifre pubblicate il 27 aprile 2020 dall’autorevole Stockholm International Peace Research Institute, nel 2019 le spese militari mondiali hanno sfiorato quota 2.000 miliardi $ (1.917 per l’esattezza). Si tratta del livello di spesa più alto degli ultimi 30 anni. Dal 2011 al 2014 le spese militari mondiali erano diminuite a causa della crisi finanziaria ed economica globale, ma dal 2015 queste hanno ricominciato una costante risalita. Rispetto al 2010 l’aumento è stato del 7,2%.

Il SIPRI, che monitora gli sviluppi delle spese militari mondiali e ne mantiene la banca dati pubblica più completa, parla di una crescita in termini reali del 3,6% rispetto al 2018, il maggiore incremento annuale dal 2010, dunque un’accelerazione. Si tratta del 2,2% del PIL globale, circa 249$ a persona. In ogni caso, questi dati si riferiscono a tutte le spese governative per le attività militari, inclusi stipendi, pensioni, spese operative e amministrative, costi di infrastrutture, ricerca e sviluppo, comando e supporto, e non solo al procurement di sistemi d’arma.

La spesa dei cinque principali Paesi di questa classifica (nell’ordine: Usa, Cina, India, Russia, Arabia Saudita) ha rappresentato il 62% del totale. La spesa dei primi 15 (si aggiungono Francia, Germania, Gran Bretagna, Giappone, Corea del Sud, Brasile, Italia, Australia, Canada, Israele) compone l’81% del totale. Stati Uniti e Cina, rispettivamente con il 38% e il 14%, insieme superano la metà delle spese mondiali totali. Il budget militare americano quasi pareggia quello totale dei dieci maggiori spenders mondiali successivi agli Usa. Sei dei primi 15 Paesi della classifica appartengono alla Nato e le loro spese militari (929 miliardi $) coprono il 48% delle spese militari globali. Le spese militari totali della Nato ammontano invece a 1.035 miliardi $.

Gli Usa, leader assoluti della classifica, sono cresciuti del 5,3% raggiungendo quota 732 miliardi $ (3,4% del PIL). L’incremento americano nel 2019 è stato equivalente all’intero budget militare tedesco per lo stesso anno, una crescita che secondo Pieter D. Wezeman, ricercatore del SIPRI, è fondamentalmente basata sulla percezione di un ritorno della competizione fra grandi potenze. Si tratta del secondo anno di crescita dopo sette anni di continuo declino, con fondi aggiuntivi impiegati principalmente nella crescita del personale e nella modernizzazione dei sistemi d’arma, anche nucleari. Non siamo, comunque, al livello del 2010 (4,9% del PIL e quasi 850 miliardi $ secondo il valore del dollaro nel 2018).

Per la prima volta due Paesi asiatici figurano fra i primi tre Stati mondiali quanto a spese militari. Il budget cinese è in continua crescita dal 1994 e dal 2010 è aumentato dell’85%, in linea con la crescita economica complessiva del Paese. Nel 2019 le spese militari cinesi hanno raggiunto quota 261 miliardi $ (+5,1% rispetto all’anno precedente), con un peso sul PIL di circa 1,9%. L’India ha speso 71.1 miliardi $ (+ 6,8% rispetto al 2018); si tratta di una crescita del 259% negli ultimi 30 anni e del 37% negli ultimi 10. Secondo Siemon T. Wezeman, ricercatore del SIPRI, nel caso indiano l’impulso principale sono state le tensioni e la rivalità con Cina e Pakistan. Anche il Pakistan, infatti, ha accresciuto le sue spese militari del 70% negli ultimi 10 anni (10,3 miliardi $ e 4% del Pil nel 2019). Giappone (47,6 miliardi $, -0,1% rispetto al 2018, +2% dal 2010 e 0,9% del PIL), Corea del Sud (43,9 miliardi $, +7,5% rispetto al 2018, +36% rispetto al 2010 e 2,7% del PIL) e Australia (25.9 miliardi $, +2.1% rispetto al 2018, +23% rispetto al 2010, 1,9% del PIL) completano la classifica dei maggiori investitori di Asia e Oceania, macroregione nella quale le spese militari crescono incessantemente dal 1989.

In Europa, nel 2019 la Germania ha speso 49,3 miliardi $ (1,3% del PIL) e il suo incremento rispetto al 2018 (+10%) è il maggiore fra quelli dei primi 15 Paesi mondiali che investono nel settore. Rispetto al 2010 la spesa militare tedesca è aumentata del 15%, raggiungendo i livelli del 1993. Secondo Diego Lopes da Silva, ricercatore del SIPRI, la crescita della spesa tedesca può essere parzialmente spiegata con la percezione dell’aumento della minaccia russa, in linea con le percezioni di molti Stati Nato. Tuttavia, la spesa militare francese (la più alta dell’Europa occidentale con 50,1 miliardi $) è cresciuta con un ritmo minore (1,6% rispetto al 2018 e 3,5% rispetto al 2010) e quella britannica è rimasta pressoché stabile dal 2015 (sebbene inferiore del 15% rispetto al 2010). L’Europa è stata la Regione mondiale col maggiore incremento di spesa nel 2019 (5%), per un totale di 356 miliardi $, ossia il 19% della spesa militare globale. Dal 2010 l’incremento è stato del 8,8% e va imputato soprattutto alla parte centro-orientale del Continente.

La Russia, infatti, quarto Stato al mondo quanto a spese militari nel 2019 e con un impatto di spesa sul proprio PIL tra i più alti d’Europa (3,9%), ha aumentato quest’anno il proprio budget del 4.5%, portandolo a 65,1 miliardi $. Mosca ha notevolmente accresciuto le proprie spese militari negli ultimi 20 anni: +30% rispetto al 2010 e +175% rispetto al 2000. L’aumento europeo è sicuramente da imputare al mutamento del paradigma strategico Nato generatosi successivamente al ritorno del confronto con la Russia post-2014. Da circa 6 anni, infatti, si è ribadito con forza in sede Nato l’obiettivo di raggiungere la spesa del 2% del PIL, cifra che, secondo i calcoli SIPRI, fino ad oggi hanno però raggiunto solo gli Stati del fianco Est (più intimoriti dalla Russia e con bilanci militari enormemente cresciuti dal 2010) e la Grecia. In particolare, il Presidente Trump ha tuonato proprio contro lo scarso contributo della Germania, quarta economia mondiale, ma non così diligente nel far quadrare i conti quando si tratta di spese militari.

Per la prima volta negli ultimi 5 anni, le spese militari africane sono cresciute (+1,5%) contribuendo per il 2,1% alle spese militari del pianeta (41.2 miliardi $). Nonostante la decrescita fra il 2015 e il 2018, nell’ultimo decennio l’incremento è stato del 17%. Oltre la metà della spesa di quest’anno è stata effettuata in Africa del Nord, con spese cresciute del 4,6% (+67% dal 2010) anche a causa del conflitto libico e della tensione fra Marocco e Algeria, il Paese con le maggiori spese militari del Continente e col più pesante rapporto spese militari/PIL (6%). Nell’Africa Sub-sahariana le spese sono nel complesso diminuite del 2,2% (-15% rispetto al 2010). I maggiori investitori sono Sudafrica e Nigeria, ma a causa dei numerosi conflitti si registra una forte irregolarità nei trend dei diversi Paesi dell’area, con brusche impennate o rallentamenti. In Sud America le spese militari si sono mantenute quest’anno relativamente stabili (52,8 miliardi $), con una crescita nell’ultimo decennio dell’8,9% e col Brasile a coprire oltre la metà della spesa complessiva. La crescita messicana in America Centrale invece (+7,9% nell’ultimo anno) è imputabile soprattutto alla strategia governativa di uso della forza militare per combattere i cartelli della droga.

Il Medio Oriente è una regione di difficile calcolo per la mancanza dei dati di Qatar, Siria, Emirati Arabi Uniti e Yemen. I dati disponibili mostrano in ogni caso un decremento in termini assoluti del 7,5%, sebbene continuino a qualificare il Medio Oriente come l’area di maggiore spesa militare rispetto al proprio PIL (4,5%). L’Arabia Saudita è tra gli Stati al mondo con le maggiori spese rispetto al PIL (8,0%) e il maggiore spender della regione (61,9 miliardi $). Tuttavia, nonostante il suo impegno nel conflitto yemenita e le tensioni con l’Iran, il suo budget è crollato in termini assoluti rispetto all’anno precedente (-16%). Le difficoltà economiche iraniane, acuite delle sanzioni americane e dall’infuocata posizione internazionale del Paese, hanno stimolato un calo delle spese militari del regime di Teheran e confermato un trend negativo già in atto (12,6 miliardi $, -15% rispetto al 2018). Le spese di Israele (5,3% del PIL) sono in costante crescita dal 2010 (+30%) e anche quest’anno sono aumentate (+1,7%). Stesso discorso per la Turchia che al momento spende quasi quanto Israele (20,4 miliardi $). Il budget di Ankara è aumentato dell’86% dal 2010 e del 5,8 dal 2018.

L’Italia figura dodicesima nel ranking mondiale dei maggiori spenders, con una spesa di 26,8 miliardi $ nel 2019 (+0.8% rispetto al 2018). Si tratta dell’1,4% del suo PIL e dell’1,4% delle spese mondiali. Rispetto al 2010 si calcola tuttavia un decremento dell’11%.

In conclusione, secondo i ricercatori del SIPRI, i dati relativi agli effetti delle precedenti recessioni economiche globali suggeriscono che la crisi economica causata dal Covid-19 farà sentire i suoi effetti anche sulla spesa militare globale, riducendola.