Pubblicato su Avvenire.it il 6 giugno 2018

DI LUCA LIVERANI

Secondo l’Osservatorio sulla spesa militare Mil€x, il Pentagono ha firmato con la Lockheed Martin un nuovo contratto che contiene anche l’ordine italiano. Versato un acconto di 10 milioni di euro.

Nuovo ordine dall’Italia per altri 8 cacciabombardieri F-35 Joint Strike Fighters. I velivoli prenotati si vanno a sommare a quelli già acquistati dalla Difesa, per un totale di 26. Complessivamente il programma, una volta completato, vedrà l’Italia dotarsi di 90 nuovi aerei per un costo totale di circa 14 miliardi di euro. La notizia dell’ordine arriva mentre a Washington il Congresso avverte la Difesa Usa di non procedere all’acquisto definitivo (i caccia sono in dotazione anche alle forze armate americane) finché non siamo risolti tutti i problemi tecnici del mezzo.

A dare la notizia è Mil€x, l’Osservatorio sulle spese militari italiane. «Il 25 aprile, mentre nel nostro Paese si festeggiava la Liberazione in un clima di incertezza politica e stallo sul nuovo Governo – afferma l’Osservatorio – il Pentagono ha siglato con Lockheed Martin un nuovo contratto contenente l’ordine italiano per un nuovo pacchetto di cacciabombardieri F-35. Si tratta di un piccolo acconto da 10 milioni di dollari – afferma Mil€x – relativo ai velivoli dei Lotti produttivi 13 e 14 a basso rateo». L’Osservatorio ha chiesto conferma alla Difesa del profilo di acquisizione per i due lotti, finora senza avere riscontro, vista la situazione di transizione data dal recente insediamento del nuovo ministro della Difesa.

Secondo Mil€x «l’acconto – relativamente contenuto – di 10 milioni versato poche settimane fa, dà avvio al percorso di acquisizione di 8 aerei che complessivamente dovrebbero costare 730 milioni di dollari, se si confida nelle previsioni – contestate da molti esperti del settore – della casa produttrice Lockheed Martin: 85 milioni di dollari per ciascun aereo per la versione convenzionale, che arriva a 110 per quella imbarcata», quella cioè che permette il decollo verticale dalle navi. Il costo complessivo del lotto sale invece «a circa 1,3 miliardi di dollari secondo stime più realistiche (150 milioni di dollari per la versione convenzionale e 180 per quella imbarcata, tenendo conto dei costi del motore e degli interventi correttivi di retrofit)». Per rendere pienamente operativi i velivoli pre-serie già consegnati (e quelli in prossima consegna) sarà necessario infatti aggiornarne il software (elemento fondamentale per ottenere livelli operativi da battaglia) allo standard Block 4, spendendo – sostiene l’Osservatorio Mil€x – «circa 40 milioni di dollari in più per ciascun aereo».

Ed è del 5 giugno la presa di posizione del Government Accountability Office (Gao), l’organismo di controllo del Congresso americano sulle spese del Pentagono, in vista della conclusione della fase di sviluppo del JSF prevista per ottobre 2019: Il Gao ha consigliato al programma di sviluppo dell’F-35 di «risolvere tutte le carenze tecniche emerse prima di intraprendere la produzione a pieno ritmo». L’Italia nel frattempo ha già ricevuto 10 JSF: all’Aeronautica ne sono stati assegnati 9 e 1 alla Marina.

Il costo complessivo dei 90 cacciabombardieri F-35 che l’Italia prevede di comprare è di almeno 14 miliardi di euro (di cui 4 già pagati). Un costo al quale vanno aggiunti, sostiene Mil€x, al quale «vanno aggiunti almeno 35 miliardi di euro di costi operativi e di supporto logistico per i 30 anni di vita di questi 90 aerei. Il Programma, secondo i calcoli dell’ultima relazione disponibile della Corte dei Conti, dovrebbe produrre ricavi per l’industria (non per lo Stato) nell’ordine del 57% dei costi sostenuti, con una ricaduta occupazionale totale di circa 1.500 posti di lavoro, tra i 900 a Cameri, di cui almeno 600 precari. Ben lontani dai 6.400 posti di lavoro promessi inizialmente da Difesa e industria.

La lievitazione dei costi e la reale opportunità strategica dell’oneroso programma da anni ha mobilitato società civile e partiti. Il 24 settembre 2014 la Camera approvò una mozione del Pd che impegnava il Governo Renzi a tagliare del 50 per cento il finanziamento complessivo del programma. Un atto politico passato anche grazie all’astensione di Sel, Lega e Movimento 5 Stelle, i cui parlamentari avevano spesso contestato il programma. La mozione fu poi di fatto ignorata dall’allora ministro della Difesa, la dem Roberta Pinotti. Ci saranno correzioni di rotta ora che a palazzo Esercito siede la ministra pentastellata Elisabetta Trenta?