Il Ministero della Difesa chiede l’autorizzazione per completare l’acquisto di oltre 3.600 nuovi blindati Lince (il doppio di quelli attualmente operativi), ad un prezzo attuale maggiore del 40% rispetto a quello degli stessi mezzi ordinati solo l’anno scorso.

In principio c’era l’autoblindo Lince, la famigerata camionetta militare prodotta dalla Lancia e usata dalle milizie fasciste repubblichine e dai soldati tedeschi del maresciallo Kesserling nella guerra ai partigiani per le operazioni antiguerriglia e di rastrellamento in Alta Italia.

Oltre mezzo secolo dopo, quel nome è tornato a designare il blindato leggero simbolo dell’Esercito Italiano, impiegato dal 2006 sui fronti di guerra iracheno e afgano, ma anche in Italia per presidiare obiettivi sensibili.

Il mezzo, prodotto dalla Iveco Defense Vehicles del gruppo CNH Industrial di proprietà della holding Exor della famiglia Agnelli e noto con l’acronimo VTLM (Veicolo Tattico Leggero Multiruolo), è stato comprato in gran quantità dall’Esercito: 1.700 macchine.

Fin dall’inizio il Lince è risultato uno dei blindati più cari sul mercato internazionale, con costi unitari che, a seconda degli allestimenti, si aggiravano su una media di quasi 400 mila euro, comprensivi dei costi di manutenzione e supporto logistico. Giusto per farsi un’idea, stiamo parando di un costo doppio rispetto al famoso blindato leggero dell’esercito americano, l’Hummer, che però ha una scala di produzione ben maggiore.

I notevoli problemi di sicurezza del Lince (si ribaltava facilmente e non proteggeva i soldati dalle mine stradali) e la necessità di adeguare i mezzi agli standard di digitalizzazione più avanzati, hanno portato l’Esercito a richiedere una nuova versione del VTLM, il più robusto ed evoluto Lince 2. Fin qui nulla da ridire. I dubbi sorgono rispetto alla quantità di blindati richiesti e al loro costo.

Lo Stato Maggiore dichiara infatti di voler rimpiazzare i 1.700 vecchi Lince con oltre 4.000 nuovi Lince 2 (poi scesi a circa 3.600). Un abbondante raddoppio del parco blindati leggeri giustificato solo dicendo che l’attuale numero di mezzi era la metà del necessario. Necessario a fare cosa? Non è dato sapere.

Venendo ai costi, i primi Lince 2 ordinati nel 2020 in due versioni, una “base” e una “NEC” ovvero netcentrica e supertecnologica, costano rispettivamente quasi 1 milione e 1,6 milioni di euro, comprensivi dei costi di manutenzione e supporto logistico. Rispetto al vecchio Lince, che costava meno di 400 mila euro a mezzo, stiamo parlando di un costo unitario più che raddoppiato, quasi triplicato, per la versione base e quadruplicato per la versione NEC.

Merita sottolineare il fatto che quando la Difesa aveva chiesto nel 2019 il via libera al Parlamento per comprare i primi 650 Lince 2 aveva prospettato un costo unitario, comprensivo di supporto logistico, “solo” raddoppiato rispetto ai vecchi Lince, sugli 860 mila euro a mezzo, che corrisponde al costo della versione base al netto dei costi di supporto logistico.

In questi giorni la Difesa chiede al Parlamento l’autorizzazione a comprare altri 1.600 Lince 2, prospettando un costo medio, sempre comprensivo di supporto logistico, di addirittura 2 milioni a mezzo, che sale a 2,2 milioni a mezzo per la prima tranche di acquisizioni già dotate di copertura finanziaria (385 milioni di euro per 175 veicoli destinati a due Brigate). Quasi sei volte il prezzo dei vecchi Lince! Certamente i due mezzi non sono paragonabili, ma anche ipotizzando che si tratti solo di versioni NEC, siamo di fronte a un aumento di prezzo di quasi il 40% rispetto agli stessi mezzi ordinati solo l’anno scorso. Come si spiega?

Sarebbe opportuno che i parlamentari delle Commissioni Difesa, prima di esprimere parere favorevole a queste nuove acquisizioni (entro il 1° novembre in Senato, entro il 2 novembre alla Camera), chiedano ai rappresentanti del Ministero della Difesa delucidazioni sulle motivazioni di questa crescente dinamica dei costi.