Dall’esame della deliberazione del Governo sulle missioni internazionali inviato al Parlamento – da leggere insieme alle disposizioni del Decreto Ucraina approvato a marzo – emerge che le missioni militari italiane all’estero per il 2022 presentano, rispetto allo scorso anno, un incremento di costi complessivi (da 1,35 a 1,5 miliardi di euro) e di personale impiegato (da circa 9.500 a oltre 12 mila uomini). Questo accade in virtù dei nuovi impegni in ambito NATO sul fronte est-europeo in funzione anti-russa, che compensano ampiamente gli effetti della conclusione della missione in Afghanistan.

Oltre alla partecipazione alla forza di reazione ultra-rapida della NATO (VJTF) attivata in funzione di difesa anti-russa – 86 milioni di euro per l’approntamento di 1.350 uomini e relativi mezzi terrestri e aeronavali da combattimento – si registra l’invio di nutriti contingenti dell’Esercito Italiano per la formazione dei Battle Group NATO in Bulgaria (750 uomini, comando italiano) e Ungheria (250 uomini) per un costo totale di quasi 40 milioni di euro e il rinforzo della nostra presenza militare in Lettonia (che sale a 250 uomini) per 30 milioni.

L’altro notevole incremento riguarda le operazioni di difesa aerea anti-russa della NATO a cui partecipano i caccia della nostra Aeronautica Militare che pattugliano i caldissimi cieli della Polonia confinante con l’Ucraina (dopo aver pattugliato quelli della Romania e del Mar Nero) e le aerocisterne e aerei-spia italiane che operano a supporto degli altri caccia NATO. Un incremento di costi (da 33 a 79 milioni e da 2 a 17 milioni) dovuto all’intensificazione delle sortite e quindi dell’aumento delle ore di volo.

E’ invece dovuto all’invio di nuove navi militari della Marina Militare con relativi equipaggi l’incremento del costo (da 17 a 50 milioni) della partecipazione alla missione NATO di pattugliamento navale in funzione anti-russa nel Mediterraneo Orientale e nel Mar Nero, dove incroceranno i nostri cacciamine a supporto delle Marina militare rumena.

Collegato alla guerra in Ucraina e alle tensioni tra NATO e Russia è anche l’incremento del costo della partecipazione alla missione NATO nei Balcani (da 81 a 109 milioni) dovuto preallertamento di un battaglione dell’Esercito Italiano pronto a intervenire nella regione per contrastare tensioni legate alla crisi internazionale est-europea.

Indirettamente legata alla crisi è anche la nuova missione militare in Mozambico (costo 1,2 milioni) a supporto delle forze armate locali che operano in funzione anti-guerriglia nella provincia di Cabo Delgado, teatro di un ribellione – sfruttata da gruppi jihadisti – a seguito della scoperta di mega-giacimenti di gas off-shore strategiche per l’Eni in vista dello stop delle forniture russe.

Restando in Africa, in Mali la missione italiana continua a costare una cifra ingente seppur in diminuzione (da 49 a 35 milioni) nonostante la chiusura dell’operazione anti-jihadista Takuba a guida Francese in seguito alla rottura diplomatica con la giunta golpista di Bamako e il suo progressivo riposizionamento nel vicino Niger, dove infatti si registra per la missione italiana un incremento di costi (da 44 a 62 milioni) e di personale.

In Libia, se da una parte si registra una riduzione dell’operazione nazionale di supporto medico a Misurata – MIASIT, ex Ippocrate – e quindi del suo costo (da 47 a 40 milioni), dall’altra si mantiene consistenza e costo della missione di supporto alla Guardia Costiera e alla Marina libiche (95 milioni) prevedendo anzi un rafforzamento del dispositivo aeronavale. Questo nonostante le mozioni parlamentari che chiedevano al Governo il superamento di questa missione con il trasferimento delle sue funzioni alle missioni europee – che invece rimangono puramente simboliche: la missione europea di assistenza alle frontiere (EU Border Assistance Mission in Libya – EUBAM) conta 5 uomini dall’Italia (per meno di mezzo milione di euro).

Da ultimo l’Iraq, dove è ancora in corso il passaggio di consegne tra la missione anti-Isis a guida USA e quella NATO di cui l’Italia ha assunto il comando: qui il travaso di uomini e mezzi risulta in un incremento dei costi complessivi (da 245 a quasi 300 milioni) in virtù del raddoppio dei mezzi terrestri schierati (da 110 a quasi 200).