Sono stati trasmessi al Parlamento (in particolare quest’anno al Senato che, per turnazione, ne farà la prima lettura) i dettagli riguardanti la Legge di Bilancio. Le Tabelle della “seconda parte” di tale Legge (cioè quelle che recepiscono le variazioni decise dal Governo sulla legislazione vigente, come da decrto relativo alla “prima parte”) permettono, se oppprtunamente lette, di valutare tutte le allocazioni di fondi riguardanti l’ambito della Difesa e degli armamenti per stimare la spesa militare complessiva previsionale per il 2025.
Una premessa importante: gli stanziamenti in difesa di questa legge di bilancio vanno considerati al netto degli ingenti aumenti di spesa militare (quasi 23 miliardi nel prossimo triennio) previsti dal Documento di programmazione finanziaria pluriennale (Dpfp) varato dal governo a inizio ottobre, ma che diventeranno effettivi solo dopo che l’Ue – a seguito dei risparmi operati in Legge di Bilancio – certificherà l’uscita dall’Italia dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, consentendo l’attivazione della clausola di salvaguardia per le spese in difesa.
Prima di analizzare le cifre in gioco sono opportune alcune premesse metodologiche. Per prima cosa occorre ricordare che i dettagli sui fondi estratti in particolare dalle Tabelle di tre Ministeri (Difesa, Economia e Finanze, Imprese e Made in Italy) potranno ancora subire nelle prossime settimane suscettibile modifiche e aggiustamenti aggiustamenti: non solo per l’ovvia constatazione che si tratta di una Legge di Bilancio non ancora votata dal Parlamento, ma soprattutto perché in parte alcune stime per il momento solo parametrizzate potranno essere meglio definite grazie all’acquisizione di ulteriori informazioni ed inoltre fra qualche mese verranno assegnati nel dettaglio alcuni fondi per il momento solo allocati nelle loro cifre complessive (ad esempio quelli legati alle missioni militari all’estero). In tale ottica potrebbero risultare molto utili i dettagli forniti dal Documento Programmatico Pluriennale della Difesa 2026, che però negli ultimi anni è stato trasmesso alle Camere con forte ritardo e che nell’edizione 2025 ha visto un sensibile peggioramento del livello e dell’esaustività delle informazioni rilasciate.
Oltre a queste avvertenza metodologiche di base, comuni ad ogni analisi della spesa militare previsionale, per quest’anno è altresi importante (anzi, cruciale) evidenziare come le stime proposte riguardino la parte “pura” di spesa militare, cioè quella effettivamente riguardante costi per personale, esercizio e investimento (acquisti) in armamento da parte dello Stato. Per intenderci, stiamo facendo riferimento alla parte per cui la NATO indica un target di spesa del 3,5% sul PIL entro il 2035 (vedi dettagli qui). Non è al momento possibile invece stimare le fonti da cui deriverebbe la quota da ascrivere all’1,5% di complemento che, nelle dichiarazioni NATO, viene definito come per spese per la sicurezza nazionale in senso lato. Il che potrebbe significare costi per cybersicurezza, resilienza delle infrastrutture critiche (centrali elettriche e reti di telecomunicazione terrestri e satellitari), efficientamento delle infrastrutture strategiche di mobilità militare (ferrovie, strade, ponti, porti e aeroporti), difesa delle frontiere, mezzi e personale delle forze di polizia militare, presidi medici contro attacchi nucleari-chimici-batteriologici e altri capitoli di spesa (che sono a discrezione delle singole nazioni). Oltre alle spese per “promuovere l’innovazione e rafforzare la nostra base industriale della difesa”: una dicitura che potrebbe facilmente ricomprendere un canale aggiuntivo di finanziamento al riarmo. Tale quota non viene dettagliata nemmeno nell’ultimo e già citato DPP che riporta solo un generico riferimento a “budget per contesti, domini e settori a cui è stato attribuito un focus più militare e progetti di cooperazione militare (esempio: Military Mobility)”.
Come praticamente per ogni anno, tranne per annualità particolari che necessitavano interventi determinati da necessità di equilibrio finanziario, la prima parte del Disegno di Legge di Bilancio, che determina gli interventi voluti dal Governo per realizzare le proprie linee politiche, praticamente non riporta decisioni legate alla sfera militare e della Difesa.
LA SPESA MILITARE PREVISIONALE ITALIANA PER IL 2026
Il Bilancio del Ministero della Difesa costituisce il punto di partenza di base per la realizzazione di una stima delle spese militari. Anche per il 2026 la cifra complessiva a disposizione del Ministero di via XX Settembre come “bilancio proprio” ha registrato una crescita in termini assoluti e percentuali, anche se meno marcata del recente passati. Il totale previsto per il 2026 dalla Legge di Bilancio è di 32.398 milioni di euro, con una crescita netta di oltre 1,1 miliardi di euro (+3,52%) rispetto alle previsioni di spesa del 2025. Si consolida dunque il superamento della soglia dei 30 miliardi, avvenuto per la prima volta nel 2025.
L’aumento è costante e si conferma tale anche valutando le serie storiche: nel 2017 – cioè dieci bilanci dello Stato fa – il budget proprio della Difesa era pari a 19.776 milioni di euro, mentre nel 2022 – cioè cinque bilanci dello Stato fa – si attestava su 25.935 milioni di euro. L’aumento decennale a valori correnti dell’anno (dunque senza tenere conto di aggiustamenti inflattivi) dei fondi a disposizione del Ministero guidato dall’On. Crosetto è stato dunque di oltre pari a quasi 12,5 miliardi (+63,8% nel decennio), mentre quello quinquennale (ancora una volta a valori contabili, senza trasformazioni in valori costanti) è stato pari a 6,4 miliardi (+25% nel lustro).
Per arrivare alla stima reale di spesa militare (sempre in accordo con la metodologia Mil€x da noi adottata da qualche anno ed esplicitata in questa pagina) è necessario poi effettuare alcuni ricalcoli che tengano conto della vera operatività militare (una procedura effettuata anche dallo stesso Ministero per riprodurre il cosiddetto “bilancio in chiave NATO”): si devono sottrarre alcuni fondi interni al bilancio del Ministero della Difesa ma con scopi non militari e si devono invece aggiungere fondi esterni allo stesso Ministero che però riguardano attività militari.
Le sottrazioni riguardano in primo luogo la parte non militare dell’impiego operativo dei Carabinieri all’interno della Missione 1 (Difesa e sicurezza del territorio – 005) di cui viene conservata solo una quota relativa al dispiegamento nell’ambito delle missioni militari all’estero. Per alcuni anni il Documento Programmatico Pluriennale della Difesa ha esplicitato tale cifra, ora non più presente: per la valutazione previsionale 2026 Mil€x ha dunque utilizzato in coerenza una parametrizzazione media derivata dalle annualità per cui tale dettaglio era disponibile, mantenendo nell’ambito della spesa militare una cifra di 600 milioni di euro appartenenti al Programma: 1.1 (Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza). Una ulteriore sottrazione deve poi essere compiuta per la cifra totale (503 milioni) del Programma 2.1 (Approntamento e impiego Carabinieri per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare) inserita nella Missione 2 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente – 018). Effettuati questi scorpori, la parte preponderante del “bilancio proprio” della Difesa che rimane nel perimetro delle spese militari è relativa ai costi diretti, soprattutto per il personale, delle tre Forze Armate (6,3 miliardi di euro per l’Esercito; 2,44 miliardi di euro per la Marina; 2,98 miliardi di euro per l’Aeronautica). Aggiungendo anche la quota prima calcolata per i Carabinieri impiegati nelle missioni all’estero si arriva ad un totale del personale operativo effettivo di 12,3 miliardi di euro, che fornisce il contributo maggiore (+617 milioni) all’aumento di spesa militare complessivo per l’anno entrante.
Il totale delle voci non operative, ma più di natura gestionale centrale e politica, è invece di 2,75 miliardi di euro così suddivisi: 1,36 miliardi di euro per lo Stato Maggiore della Difesa, poco meno di 50 milioni di euro per il Gabinetto del Ministro, 800 milioni di euro per gli uffici amministrativi e di bilancio della Difesa (300 milioni dei quali riferiti a trasferimenti correnti verso l’estero per somme dovute in particolare per obblighi NATO in aumento, come sottolineato dalla stessa nota accompagnatoria della Difesa) e 543 milioni di euro per costi di altra natura (trattamento di ausiliaria, indennità varie, rifornimenti, servitù). Infine, nel “bilancio proprio” della Difesa si conferma come quota sempre più rilevante (letteralmente esplosa negli ultimi anni) quella relativa agli investimenti per nuovi sistemi d’arma. Come nel 2025, tale cifra è spezzata in due tronconi a seguito della separazione tra Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale Armamenti voluta dal Ministro Crosetto, che ha richiesto la creazione di un nuovo Programma contabile (1.10 “Pianificazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento degli armamenti, ricerca, innovazione tecnologica, sperimentazione e procurement militare”) nell’ambito della Missione 1.Rispetto all’anno scorso per il 2026 i ruoli si sono “invertiti” con la parte preponderante di investimento militare ascritta alla DNA – ben 8,7 miliardi di euro di cui poco meno di 8,5 direttamente legati ad acquisizioni dirette di materiali e sistemi per lo strumento militare – cui va aggiunta una quota minore di quella di 1,1 miliardi (875 milioni per acquisizioni dirette) relativa al programma 1.5 (Pianificazione generale delle Forze Armate e approvvigionamenti militari ed infrastrutturali) legato a SegreDifesa. Sommando quete due voci si ottiene una quota totale di fondi a disposizione diretta del Ministero della Difesa per i programmi di acquisto di nuovi sistemi d’armamento di quasi 9,9 miliardi di euro, in leggera crescita rispetto all’anno scorso. I fondi destinati all’investimento e al procurement militare devono però anche considerare aggiunte di provenienza esterna rispetto al bilancio della Difesa, cioè quelle riguardanti i fondi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (ex Ministero dello Sviluppo Economico). In particolare occorre considerare l’intero Programma 1.9 per “Interventi in materia di difesa nazionale” che nel 2026 supererà i 3 miliardi di euro ed un capitolo inserito in altro Programma (il 7423 “Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia” nell’ambito dell’1.8) pari a circa 215 milioni di euro che portano il totale globale delle spese per la realizzazione dei programmi di armamento previste nel 2026 ad un record storico di oltre 13,1 miliardi di euro (13.167 milioni per la precisione) in aumento dell’1,42% rispetto al 2025. Anche per questo rilevante aspetto specifico la portata della continua e significativa crescita si può valutare con dati in prospettiva storica: i costi complessivi per gli investimenti in nuovi armamenti erano pari a 8,27 miliardi di euro nel 2022 (cinque bilanci fa) configurando una crescita nel quinquennio di circa il 60%.
Le ultime aggiunte di fondi che permettono di arrivare al totale di spesa militare previsionale per il 2025 riguardano le spese di circa 1,18 miliardi per le missioni militari all’estero (stima del 90% del totale del Programma: 4.1 “Missioni internazionali” della Nota di previsione MEF pari a 1.345 milioni di €) e la stima di 4,5 miliardi di spesa pensionistica militare (fino al 2024 le nostre stime si attestavano su circa 4,25 miliardi ma sono state aumentate per effetto inflativo e a seguito di valutazioni indirette derivate dagli aggiustamenti segnalati su DPP per elaborazione Bilancio in chiave NATO a partire dal Bilancio integrato). La somma complessiva di queste voci porta ad una valutazione – secondo la metodologia Mil€x – della spesa militare italiana diretta per il 2026 a 33.948 milioni di euro, ulteriore record storico con avvicinamento alla soglia dei 34 miliardi e un aumento del 2,8% rispetto al 2024 e di oltre il 45% sul decennio (rispetto alla spesa valutata da Mil€x per il 2017 di 23.377 milioni di euro a valori correnti). Aggiungendo poi ulteriori due voci di costi indiretti (da noi stimati in qualche caso in passato, ma non che si possono anche non inserire nel totale per coerenza di confronto) legati a costi ed investimenti (dentro e fuori bilancio Difesa) per basi militari e alle quote di compartecipazione per spese di natura militare in ambito UE si potrebbe aumentare ulteriormente il totale complessivo di poco più di un miliardo, giungendo quindi a sfiorare una cifra di 35 miliardi di euro.
Infine, per le valutazioni di comparazione internazionale sul prodotto interno lordo e considerando valida la stima del PIL previsionale 2025 presente nel Documento Programmatico di Finanza Pubblica, le cifre di stima da noi ricavate ci portano ad un rapporto di spesa militare sul PIL dell’1,46% circa se consideriamo i soli costi diretti e dell’1,51% circa se invece si inseriscono anche gli ultimi costi indiretti segnalati (in linea con i dati del 2025). Ancora una volta è opportuno sottolineare come le stime Mil€x si sono sempre storicamente allineate, con scostamenti tutto sommato minimi, ai ricalcoli di spesa militare che il Ministero della Difesa esegue, esplicitandoli fino all’anno scorso nel DPP, per organizzazioni come l’OCSE o istituti di ricerca come il SIPRI. Usualmente le nostre stime sempre più conservative rispetto a quelle calcolate dal Ministero stesso anche con altre metodologie.
NB Come sempre per le valutazioni previsionali di spesa militare condotte dall’Osservatorio Mil€x in questa analisi vengono tenute in considerazione le cifre di Competenza per l’anno 2026, non quelle relative ai flussi di cassa

