Partecipare alle missioni Nato con mezzi e militari nelle “zone calde” dell’Est Europa ci costa 78 milioni di euro, denuncia l’Osservatorio Mil€x. Mentre il ministro Guerini continua ad accrescere la spesa per i progetti di riarmo, toccando quota 15 miliardi in un anno.

di Leonardo Filippi per LEFT

Da un lato, le esercitazioni militari navali della Russia nel Mediterraneo, nell’Atlantico e nei Mari del Nord e gli spostamenti di truppe terrestri ai confini dell’Ucraina. Dall’altro, l’allerta del “blocco” occidentale che aumenta le unità delle truppe Nato nel quadrante orientale, spostandovi aerei, navi e soldati. In questa pericolosa partita a scacchi internazionale, che sembra preludere ad una invasione dell’Ucraina da parte della Russia e ad una conseguente risposta dell’Alleanza atlantica, spiccano come player più importanti Mosca, Washington e Bruxelles. Ma non sono gli unici. Ed è importante rendercene conto.

Nell’ipotesi sciagurata che la Russia passi dalle minacce ai fatti concreti, a fronte di una azione della Nato il nostro Paese non potrebbe certo tirarsi indietro, e si troverebbe impegnato nel conflitto con un ruolo assolutamente non marginale.

A chiarire l’entità dell’impegno dell’esercito tricolore attorno alle “zone calde” in Europa Orientale ci ha pensato l’Osservatorio sulle spese militari italiane Mil€x. In caso di guerra contro la Russia in Ucraina, infatti, «l’Italia si ritroverebbe in prima linea con propri assetti militari, terrestri ma soprattutto aerei e navali, che partecipano a missioni Nato a presidio dei confini orientali dell’Alleanza atlantica a un costo complessivo attuale di circa 78 milioni di euro», chiarisce l’Osservatorio in una nota. Ma quali sono, nel dettaglio, gli assetti dispiegati dall’esercito italiano nella zona, e di che tipo di personale militare stiamo parlando? Andiamo con ordine.

Innanzitutto, come si spiega nel dossier di Mil€x, l’Aeronautica militare schiera una squadriglia di quattro caccia Typhoon e 140 soldati in una base aerea nelle vicinanze di Costanza, cittadina rumena affacciata sul Mar Nero, distante poco più di un centinaio di chilometri dal confine ucraino. Fino ad aprile gli aviatori militari italiani si occuperanno di pattugliare i cieli in quei territori, nell’ambito di una missione di “polizia aerea rafforzata” sovven- zionata nel 2021 con oltre 33 milioni di euro e che può essere potenziata con l’innesto di nuovi velivoli e il trasferimento di altri militari.

Tra il Mar Nero e il Mediterraneo orientale, poi, si dispiega la forza navale permanente della missione Nato a cui la Marina militare contribuisce con la fregata Fremm “Carlo Margottini” e con il cacciamine Viareggio. In questo caso, ricorda ancora Mil€x, i marinai italiani impegnati sono oltre 200 e la spesa finanziata lo scorso anno per le attività nell’area è di oltre 17 milioni di euro. Sempre nel settore Est del Mediterraneo, nelle prossime settimane la portaerei Cavour (che ospita a bordo una squadra di F-35) parteciperà ad una esercitazione della Alleanza atlantica affiancando la portaerei francese De Gaulle e quella americana Truman.
Infine, nei boschi della Lettonia che lo ricordiamo confina con la Russia e delimita ad Est il perimetro delle “forze occidentali” l’Esercito italiano schiera oltre 200 alpini appartenenti alla Brigata Taurinense, che manovrano decine di carri armati Centauro e cingolati da neve. I militari italiani fanno parte di un gruppo di battaglia di oltre 1.200 soldati di base a nord di Riga sotto il comando canadese. La missione, come indicano gli analisti di Mil€x, è stata sostenuta con un finanziamento di oltre 27 milioni di euro nel 2021.
Il conto, dunque, è presto fatto: «I costi delle forze militari italiane in prima linea nel confronto con la Russia», sintetizzano dall’osservatorio Mil€x, ammontano in totale a «78 milioni di euro per dispiegamenti in Romania, Lettonia e Mediterraneo». Un impegno importante, di cui poco o nulla si è detto nel dibattito politico di queste settimane. E che viene sostenuto dall’Italia nell’ambito di una più generale corsa al riarmo, alimentata dalle scelte del ministero della Difesa guidato dal dem Lorenzo Guerini.
A lui abbiamo dedicato la copertina di Left del 17 dicembre scorso: Il ministro della guerra. «Ben 23 programmi di riarmo. Sono quelli promossi nel 2021 dal titolare della Difesa, per una spesa record prevista di 12 miliardi. Mentre crescono la povertà e il precariato, il governo si dà allo shopping militare facendo affari con dittatori come l’egiziano Al-Sisi e acquistando droni kamikaze, blindati e missili. Alla faccia della Costituzione e dei diritti umani», così avevamo riassunto lo scenario in quel numero. Ma quella fotografia risulta già ingiallita. Nelle scorse settimane il portafoglio del dicastero di Palazzo Baracchini come Mil€x ha fatto notare non si è chiuso, e l’11 gennaio sono stati trasmessi alle commissioni Difesa di Camera e Senato altri 8 programmi di riarmo, sempre catalogati tra la spesa del 2021. Se tutti i documenti, come prevedibile, saranno approvati dal Parlamento, si arriverebbe dunque ad un valore complessivo finanziato di 15 miliardi in un anno (e in proiezione un onere complessivo di oltre 30 miliardi di euro). I nuovi programmi riguardano l’acquisto di due cacciatorpedinieri lanciamissili classe Orizzonte nuovi di pacca, da circa 1,2 miliardi l’uno, made in Fincantieri. E poi altri mezzi militari da acquisire, come blindati 8×8 da sbarco di Iveco e Oto Melara, gommoni armati da sbarco, blindati Orso 6×6 di Iveco e Krauss-Maffei Wegmann, batterie missilistiche antiaeree, eccetera. «L’Alleanza ha previsto un rafforzamento delle misure di deterrenza sul proprio fianco Est a cui anche l’Italia partecipa nell’ambito di dispositivi di operazioni e missioni già autorizzate dal Parlamento ha dichiarato Guerini in un colloquio con Repubblica -. Se saranno assunte ulteriori decisioni, sempre all’interno della strategia Nato di deterrenza, l’Italia darà il suo ulteriore contributo e farà la propria parte, riaffermando il valore della coesione dell’Alleanza innanzitutto rassicurando i Paesi membri sul fianco Est».
Senza dubbio, un grande contributo “economico” al rafforzamento del dispositivo militare occidentale nel quadrante europeo orientale lo stiamo già offrendo. E si tratta di fondi che siamo costretti a sottrarre a scuola, sanità, ambiente. Nel silenzio delle istituzioni e del ministro Guerini che, mentre i media guardano altrove, insiste nel gonfiare a dismisura il nostro apparato militare. Le lobby delle armi ringraziano.